Quattro ragazzi e un tesoro nascosto sotto la scuola
Ci sono mondi avvincenti e fiabeschi che vivono solo i bambini, che hanno la capacità di forgiarsi una realtà accattivante in cui la vita non è altro che il racconto di una favola, quasi sempre a lieto fine.
Quattro amici, Ali, Abolfazl, Mamad, Reza, nella periferia di Teheran. Il loro mondo, quella realtà alternativa di cui si diceva, è quasi una risposta spontanea alla quotidianità cruda e impoverita in cui si trovano a vivere i loro undici, dodici (a volte anche meno) anni. E la responsabilità è degli adulti: i loro padri non ci sono più o è come se non ci fossero, rinchiusi in galera o annientati dalla tossicodipendenza. Se ci sono invece non fanno che creare problemi cercando di trascinarli nei loro affari criminali. Le madri pure sono assenti o del tutto impotenti, come quella di Ali, costretta su un letto d’ospedale dopo un incendio che le ha divorato la casa e la figlia. Quindi spetta a lui, e così ai suoi coetanei, occuparsi di sé stessi e di ciò che resta delle loro famiglie. Perciò devono barcamenarsi nei quartieri fatiscenti della città, chi lavorando in officina, chi rubacchiando qua e là. Ecco allora che credere alle favole diventa una strategia di sopravvivenza, una reazione necessaria per diventare grandi nonostante tutto.
Ma a credere alle favole sono anche, talvolta, gli adulti. È infatti agli ideali di giustizia sociale, uguaglianza e istruzione che si ispira la Scuola del Sole, un istituto di beneficenza che raccoglie i ragazzi dalla strada per dar loro un futuro. È qui che Ali e i suoi devono scavare per raggiungere il bottino. E l’unico modo è iscriversi alla scuola.
La campanella della scuola suonerà ancora una, e forse non ultima, volta.